
Introduzione
Anche le nazioni, come gli individui, muoiono.
I Sumeri non esistono più. Hanno lasciato una traccia nella storia del mondo, ma non esistono più. I Babilonesi non esistono più. Ci sono resti archeologici che parlano di loro. Ci hanno lasciato la scansione del tempo secondo il numero 6, ci hanno lasciato credenze astrologiche, ma non esistono più. Gli Egizi sono estinti. Gli Egiziani odierni vivono sullo stesso territorio ma non hanno nulla da spartire con loro, né come religione, né come lingua, né come caratteristiche etniche. Ci restano testimonianze grandiose e affascinanti del loro passaggio su questo pianeta, ma non esistono più. I Celti non esistono più. Resta la loro impronta lontana in alcune lingue e dialetti europei, compresi alcuni della nostra penisola, ma come popolo sono estinti. Gli Etruschi sono scomparsi. Restano loro vestigia, permangono in molti toponimi della nostra penisola, ma sono scomparsi. I Persiani non esistono più. Gli attuali Iraniani hanno un’altra religione, altri costumi, un’altra lingua, quindi sono un’altra nazione. I richiami agli splendori dell’antica Persia sono soltanto retorici, come quelli di Saddam quando si richiamava ai fasti di Babilonia per esaltare i destini della patria irachena: non c’è rapporto di continuità fra l’attuale Iran e la Persia di Serse e di Ciro. Ci fu una rottura, una morte. Gli Elleni non esistono più. Nel recente dramma della Grecia si sono letti tanti commenti che lamentavano la durezza teutonica verso un popolo che è l’erede dell’Ellade, ma era soltanto chiacchiera di retorica classicheggiante. I Greci odierni non sono gli Elleni. L’Ellade continua a vivere nel sostrato culturale profondo degli europei, ma come nazione gli Elleni sono morti.
I Romani sono estinti. Gli Italiani odierni sono tutt’altro popolo. Solo una retorica tronfia e spesso funesta li ha dipinti come i continuatori della gloria di Roma. Non c’è più la loro religione, non c’è più la loro lingua, se non come radice profonda delle attuali lingue neolatine, non ci sono più i loro costumi, la loro mentalità, la loro gastronomia. Non c’è più il popolo che furono.
Si potrebbe continuare con questo elenco cimiteriale.
Riflettere sulla scomparsa di nazioni che furono grandi, che diedero contributi duraturi alla storia del mondo, è necessario per considerare secondo un’ottica insolita ma doverosa i rischi che i popoli europei, in primis il popolo italiano, stanno correndo.