
Introduzione
Se è vero ciò che ha scritto il filosofo Giorgio Agamben in un suo articolo su “Le Monde”, e cioè che lo stato di emergenza non è uno strumento a difesa della democrazia, ma al contrario è «il dispositivo attraverso il quale i regimi totalitari si affermarono in Europa», resta allora da capire perché mai le persone possano con tranquillità accettare, se non addirittura in taluni casi chiedere, lo stato di emergenza. Nello stato di emergenza, infatti, le libertà individuali vengono sospese, vi è la «rinuncia a qualsiasi certezza del diritto». Del diritto di qualsiasi persona.
Eppure oggi si assiste, da parte di un numero sempre più crescente di persone, alla rinuncia dei propri diritti - e dell'intero apparato delle tutele democratiche - in nome di una maggiore sicurezza personale. Vera o presunta.
Perché succede? Quali sono i meccanismi psicologici personali coinvolti in queste scelte? Quali sono, quindi, i meccanismi psicologici su cui il “sistema” sta facendo leva?
Sommario:
Gli attentati di Parigi e le “conseguenti” misure di sicurezza
Il soggiorno obbligato
Lo scioglimento di associazioni e raggruppamenti di fatto
La consegna delle armi
I mass media e gli shock emotivi
Le “scorciatoie di pensiero”
Le distorsioni di giudizio o bias cognitivi
L’euristica della disponibilità e le distorsioni di giudizio relative
Paura e bias
La componente sociale della paura
Il giornalismo è scelta
Accecati dal “vedere senza esperire”
Ma allora, che fare?
La competenza e le procedure corrette di ragionamento
Un “errore di attribuzione” di evangelica memoria
Conclusioni
Bibliografia